Sul Mar Nero si incontrano gas e politica
di Francesco Bellini
A partire dal 1 gennaio 2007, con l’ingresso della Romania e Bulgaria nelle fila dei paesi membri della Ue, il mar Nero si è posto al centro dell’attenzione delle due aree geografiche che ne delimitano i suoi confini, Russia ed Unione Europea. Si tratta di uno spazio strategico, dove si concentrano molte controversie che riguardano i già problematici rapporti tra Mosca e Bruxelles. Con una superficie poco superiore ai 420.000 km2, questo spazio relativamente piccolo di mare non sembra interessare troppo agli europei, ma è proprio in questa zona che bisogna cominciare a prendere in esame questioni di rilievo: le future vie degli idrocarburi, le migrazioni clandestine, i trafficanti di armi e droga, l’espansione della democrazia e la creazione di una stabilità politico-economica nel sud-est europeo e nel Caucaso.
Dopo il Baltico ed il Mediterraneo, il mar Nero diventa il terzo mare d’Europa per importanza strategica. Durante la guerra fredda era una zona statica, divisa tra il blocco comunista e la Turchia, membro della Nato dal 1951. Gli sconvolgimenti seguiti alla caduta del muro di Berlino, hanno radicalmente cambiato i rapporti di forza: per l’impero sovietico, oramai in declino, si è trattato di un arretramento geopolitico a dir poco rilevante. La parte controllata oggi dal Cremlino si limita ad una striscia che va dalla città balneare di Soci, al mare di Azov, di fronte all’Ucraina e, proprio qui a Sebastopoli, la flotta russa manterrà le sue basi militari fino al 2017. Romania e Bulgaria (entrambe membri della Nato) accoglieranno sulle loro coste le aree di addestramento americane. Georgia ed Ucraina stanno spingendo per entrare nell’Alleanza atlantica, giustificate dalla necessità di consolidare l’assetto dei Balcani. Lo spazio del Mar Nero è diventato una zona di confronto aperto tra due concezioni opposte: quella euroatlantica e quella filorussa.
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