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RIVISTA DI CULTURE DI FRONTIERA

Archive for dicembre 2009

Holan Pasolini. L’ossimoro della finestra

Posted by paolo fichera su dicembre 22, 2009

dal blog di Viviana Scarinci:

Holan Pasolini. L’ossimoro della finestra

di Giovanni Raboni

Nessuno di noi vuole per altro nascondersi, o nascondere al lettore, che non solo la copertina di questo libro, ma il libro stesso – la sua esistenza, la sua comparsa in questa collana – è o può sembrare una sorta di ossimoro. Quando, nel 1975, compì settant’anni Holan, una rivista italiana (…) pubblicò, assieme a una sua breve poesia inedita (…) anche dei versi, pure inediti, di Pasolini, intitolati “Guardo la finestra chiusa della casa Holan”. E questi versi erano, anzi sono (anzi possono sembrare) un attacco a Holan, che Pasolini descrive come un eremita “divenuto venerabile” la cui privatezza è “vezzeggiata e protetta” dalle “migliori signore borghesi”, un vecchio malato le cui mani “non gli servono più se non a tremare” e che sorbisce “brodi e tè/ come un piccolo sublime porco ferito/ ingrugnato e affabile” un “poeta da teatro” che fa “il gesto di scrivere poesia anziché scrivere poesia” …
Nella decisione di pubblicare questo libro nei “Quaderni di Pier Paolo Pasolini” qualcuno potrebbe vedere, una volontà di paradosso, una bizzarra e un po’ sconsiderata provocazione. Come interpretare come giudicare altrimenti, la presenza di un poeta che Pasolini non amava, al quale Pasolini si rivolgeva con dura estraneità e quasi con ripugnanza, nella collana che porta il suo nome?
Si rassicuri il lettore: le cose non stanno così. Che Pasolini, lungi dal non amare la poesia di Holan, la apprezzasse grandemente e desiderasse conoscerla più di quanto la conosceva, lo prova in modo inequivocabile un articolo uscito il 14 aprile 1974 sul Corriere della Sera (…) : “Un’ombra che prese corpo , un “nome” che è diventato un fatto. Holan è entrato nel novero dei poeti letti”. Leggi il seguito di questo post »

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PRIVATE n. 47

Posted by paolo fichera su dicembre 14, 2009

Diciotto reportage di autori israeliani per diciotto trame, tra esteriorità, paradossi, psicologia e dramma. Uno sguardo fotografico diverso sulle tante anime di un paese dalle forti contraddizioni: israeliano o palestinese, ricco e povero, moderato ed estremo, tradizionale e secolare, creativo e distruttivo, presente o futuristico, rifugiato, residente, immigrato, sopravvissuto o clandestino, musulmano, ebreo, cristiano, druso o samaritano.
Un itinerario tra le contrapposizioni sociali e le differenze religiose dove i confini formano l’identità.
La percezione fotografica dei confini nel paese delle contrapposizioni.

Fotografi

Abir Sultan | Ahikam Seri | Benyamin Reich | Dan Bronfeld | Dvir Stanislav | Eddie Gerald | Elinor Carucci | Felix Lupa | Gaston Zvi Ickowicz | Gili Yaari | Harel Stanton | Julia Komissaroff | Kobi Wolf | Nitzan Hafner | Tomer Appelbaum | Yaakov Israel | Yonathan Weitzman | Yuval Tebol

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e-book: Aleksandr Kuljachtin

Posted by paolo fichera su dicembre 12, 2009

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È uscito il nuovo e-book della collana di poesia le betulle nane

Versi a Pietroburgo di Aleksandr Kuljachtin

per scaricarlo qui:
Aleksandr Kuljachtin

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K.H. Hödicke

Posted by paolo fichera su dicembre 12, 2009

K.H. Hödicke
Senza titolo
Tecnica: Gouache su carta
Dimensioni: 30×40 cm
Anno: 1987
Collezione privata

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fogli d’occhi#2

Posted by paolo fichera su dicembre 10, 2009

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e-book: Evgenij Palamarčuk

Posted by paolo fichera su dicembre 10, 2009

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È uscito il nuovo e-book della collana di poesia le betulle nane

Kaliningrad di Evgenij Palamarčuk

per scaricarlo qui:
Evgenij Palamarčuk

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Poesia Araba – Sussurri al di là del mare

Posted by paolo fichera su dicembre 8, 2009

Su Clepsydra Edizioni, presentazione di una raccolta di quindici poeti di lingua araba.

“Questa raccolta raccoglie diverse testimonianze di come il poeta vede la guerra, la vita, l’amore per l’altro, l’amore per Dio e di come tutto questo influenzi la visione della poesia all’interno di un contesto sociale diverso da quello occidentale. Una poesia molto intima quanto certamente collettiva: si ritorna un po’ al passato leggendo questa poesia, perchè essa si fa promotrice di valori molto forti come l’amore e la fede; di impronta non solo soggettiva ma anche oggettiva. Questa poesia sembra il punto d’incontro delle anime; è la forza che accelera e fa sì che esistano gli incontri tra le persone; è certamente una poesia che continuamente cerca di trasmettere e completare quello che le persone comuni pensano, ma non sanno dire. In un certo senso, si mostra come poesia rivelatrice. Il poeta quindi è colui che rivela al mondo quello che non riesce a dire, a vedere, ad osservare; e lo fa con un linguaggio molto alto, intensamente ricercato perché la parola attraversi i cuori e la mente; perché la parola possa esprimersi, semplicemente.” (Anila Resuli)

Per scaricare i pdf della raccolta in triplice lingua italiano-inglese-arabo: QUI

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Il poeta tuareg: Mahmoudan Hawad

Posted by paolo fichera su dicembre 8, 2009

Mahmoudan Hawad. Biografia e poesia
a cura di Marco Ribani

Scrittore e pittore tuareg, nato nel 1950 in una famiglia nomade a nord di Agadez, in un accampamento della tribù Ikaskazen, appartenente alla confederazione dei Kel Aïr (l’Aïr è un massiccio montuoso situato al nord ovest dell’attuale Niger). Sua madre e sua zia lo allevarono secondo la tradizione tuareg che egli distingue scrupolosamente dall’educazione islamica per la quale nutrirà un odio profondo per tutta la sua infanzia. Definisce l’educazione tuareg non solo come l’apprendimento della vita nel deserto, della transumanza, della conoscenza e classificazione delle specie (vegetali e animali), ma anche come l’apprendimento di una cultura trasmessa attraverso cicli di racconti molto elaborati, cinque cicli in tutto, di cui l’ultimo tiene insieme il tutto. Impara il dominio sulle parole accompagnando suo nonno alle riunioni politiche (chiamate “asagawar”) e partecipa con sua madre e lo zio materno agli “ahal” le veglie che sono allo stesso tempo scuole di teatro, filosofia e poesia. Oltre a due romanzi, Hawad ha pubblicato una quindicina
di opere poetiche.

Houles des horizons disegni tuareg su lettura Hawad

Attraversando il crepuscolo
Tra la notte e la luna,
passano gli uomini aghi
che l’insonnia ricuce.
Tra la notte e le tombe,
camminano gli uomini.
Tra la luna e l’ombra della palma,
passano gli uomini della penombra, sogno,
uomini che portano a spalla un fucile
e la rete delle strade e dei canti,
uomini rami del loro sogno,
uomini che calzano i ciottoli,
uomini che risalgono la notte
sul campo della notte,
uomini miscuglio di barba e rivolta,
braccia d’uomini,
passano e seminano aurore,
fruste che fustigano i giorni.
O uomini resistenti
Che attraversano il crepuscolo!
Uomini,
ormai siete braccia dell’aurora
e albero del giorno.
Uomini
Non dimenticate le donne,
radici e cime del giorno.
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di Ilaria Seclì

Posted by paolo fichera su dicembre 3, 2009

di Ilaria Seclì

a Marino,
estrema resistenza al processo di adultificazione

Se il mare o le altezze la prenderanno. O la voragine incolmabile di questo amore senza scampo, né sosta o fine. Questa fibra straripata da nomi e storie, vicoli, ponti, malìe di balconi all’undicesimo piano, acque di febbraio, tramonti del primo mese, scroscio di fontana, cerchio di lago. Un pesce giura di averla vista impigliata tra la scogliera di Castro mentre urlava un nome incomprensibile. Un bambino la vide ascoltare il giubilo e il calore delle case degli altri, persa nel fumo dei comignoli, il 24 di un imprecisato dicembre.
In Germania, ormai è l’altro secolo, -ma la neve è ancora quella, ed è ancora fresca- un’ossuta vecchietta giurò di averla vista carponi nell’infinita distesa di bianco. Sfilava coriandoli, dal muto dormitorio di gigli vitrei e li lanciava al nero torvo di maleodoranti nubi, cantando nenie in una lingua sconosciuta. Un uccello la spiò arrampicata su un albero, vicino alla fermata del tram, osservare passi e gesti, sorrisi, malinconie, rabbie, tremori, ascoltare discorsi, fissare corpi trepidanti o senza speranza. Sulla strada, tra le vite sospese,  scrutare timorosa e sfacciata volti, piedi nudi,  mani, ascoltare imprecazioni alla legge, fumi d’incensi, abbaiare rabbiosi di cani. Nelle bettole tra gli ubriachi e tra chi fa di dipendenza suo resistente, dinoccolato incedere. E nei teatri, tutti gli esseri del bosco ne sono testimoni. Lì vive, presa da una gioia fremente e malinconica. Gioia viva. Lì piange e ride, lì esalta compiuto il suo essere.
Nelle stazioni più di una voce ne testimonia la presenza. E la si dice in lacrime, soprattutto per il saluto tra una mamma e la figlia, o tra due amanti. Nei suoi vicoli è certo, la si incontra sempre. Passeggia assorta e attenta insieme, tocca la pietra d’ambra e sole, prima di porgerle l’orecchio in attesa della voce, si dice, di un ignoto e affascinante clown normanno, dai lunghi capelli rossi, scomparso all’improvviso per una  magia fin troppo riuscita.

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