di Sandra Castelnuovo*
Sapna, 4 Agosto 2007
Siamo in quattro macchine, un po’ di italiani e un po’ di bosniaci.
Ðenuma – ma si fa chiamare Jenny – ci corre incontro e ci dice di fare in fretta. Che pazienza ci vuole con lei! Praticamente un caporale: tutto deve essere sotto il suo controllo. E appena le mostri un po’ di disponibilità non ti lascia più. Ci teniamo un po’ alla larga da lei, difficile gestirla insieme a tutti quei bambini con i quali facciamo animazione la mattina.
Per strada i cartelli in cirillico sono il punto di partenza per parlare un po’ con i volontari di ciò che è stato Srebrenica. Concetti, numeri, fatti storici.
Le bandiere bosniache annunciano da lontano il memoriale di Potočari. Entro con la testa e il cuore di chi ci è già stato altre volte e sa cosa aspettarsi. Con sorpresa Seldin, 16 anni, mi dice che lui non ci è mai stato. Camminiamo insieme lungo l’interminabile elenco di nomi. Si ferma per contare quanti Gusić ci sono. Non li conosce, ma hanno il suo stesso cognome. Scuote la testa. Leggi il seguito di questo post »