Cosa ho messo nello zaino (2)
di Enrico Brizzi
Un’altra passione che coltivi è quella degli arrivi al mare. Solo il mare scuro che riempie la curva dell’orizzonte è in grado di fare da argine al metronomo della camminata intrapresa settimane addietro. Qui la strada finisce, e finisce sul serio. Va a morire in un viottolo che conduce a una spiaggia di sassi, fra l’odore di salmastro, e la macchia ai lati del viottolo la conosci da sempre. Sono foglie lucide di corbezzolo e gli aghi del pino strisciante, lo stesso profumo di resina che riempiva le prime ore del mattino, in estate, quando prendevate in affitto una casa in mezzo ai campi biondi di grano, lungo una strada che si chiamava via Fienilone, e per arrivare in spiaggia dovevate traversare l’ombra della pineta. Il treno è il mezzo con cui, di preferenza, ti rechi sul luogo delle operazioni. Una volta sceso sulla banchina scoperta di una minuscola stazione priva persino della biglietteria, il camminatore guarda allontanarsi lungo il binario l’espresso a tre vagoni che l’ha condotto fin lì. Come in sogno, sulla banchina non c’è nessuno a parte lui e il proprio zaino, e quando la coda del treno scompare lungo l’arco di curva del binario, il camminatore può anche lasciarsi sfuggire un sospiro. Non si lascia indietro niente, nel vero senso della parola. Allora può aggirare l’edificio in disuso della stazione priva persino di biglietteria e, spiegata la carta, provare a capire da dove cominciare. Così puoi spendere un paio di settimane a mettere insieme la squadra d’amici che s’alterneranno al tuo fianco, procurarti le mappe e disegnare un itinerario che, dalla costa maremmana, unisca tutti i sentieri a disposizione che portano verso l’Amiata. Leggi il seguito di questo post »