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RIVISTA DI CULTURE DI FRONTIERA

Maksim Borodin, poeta russofono nell’Ucraina odierna

Posted by pasha39 su Maggio 10, 2007

a cura di paolo galvagni

Maksim Aleksandrovic Borodin è nato nel 1973 a Dnepropetrovsk (Ucraina orientale), dove vive tutt’ora. Laureatosi in architettura, si dedica all’insegnamento universitario. È autore di versi in russo e poesia visuale. Dal 1996 pubblica su riviste della sua città (“Artikl’”, “Dnepr vecernij”), dal 2001 anche in edizioni di Mosca e San Pietroburgo (“Vavilon”, “Arion”, “Futurum-art”, “Ingermanlandija”, “Text-only”).

Ha collaborato a siti letterari ucraini e russi: www.dnepr.liter.net, www.litera.ru/slova, http://www.africana.ru, www.guelman.ru/slava/texts/borodin.htm . Dal 1999 al 2001 ha pubblicato la rivista “Stych”. Suoi versi sono apparsi in volumi collettanei: “Osvobozdennyj Uliss” [Ulisse liberato], Mosca 2005 (antologia della poesia russofona fuori dalla Russia), “Perelom angela” [La svolta dell’angelo], Mosca 2005 (raccolta di poesie per il XII festival russo del verso libero). Ha partecipato al progetto “Platforma: mostra di poesia visuale”, che dal dicembre 2003 al maggio 2004 ha toccato varie città europee (Kaliningrad, Kiev, Mosca, Pietroburgo, Varsavia). Nel 2005 ha partecipato al festival moscovita “Biennale dei poeti”.
Borodin scrive versi in russo, in quanto è questa la sua lingua madre; al contempo non dimentica mai di essere cittadino ucraino. La poesia russofona di Ucraina è abbastanza variegata: alcuni suoi rappresentanti sono decisamente orientati verso Mosca, e non riconoscono la produzione in lingua ucraina. Altri invece (e Borodin è uno di essi) sono sempre coscienti del luogo in cui  vivono e operano: non ne ignorano l’inevitabile influenza.   
In una recente autobiografia il poeta ha scritto: “Mi ha sempre interessato l’esperimento nella letteratura e nella poesia. Anch’io ho tentato di trovare nuove strade, introdurre qualcosa di nuovo nella poesia. Ma che cosa puoi escogitare di nuovo, dopo il XX secolo così impetuoso con i suoi surrealisti, dadaisti, futuristi e semplicemente realisti. Non ci si può chiudere in una sola stanza – in questa grande casa soleggiata ci sono molte stanze, corridoi, sgabuzzini, servizi igienici e terrazzi, ciascuno dei quali presenta un grande interesse per la persona creativa”.
Il figlio di un falegname

Volevo essere
il figlio di un falegname,
ma sono costretto
a stare al computer
tutto giorno,
bevendo l’uggia
col caffè solubile,
mangiando l’insonnia
con salsicce nella pasta.
Ogni giorno
compro un biglietto della lotteria
sperando
di vincere il denaro
per acquistare una macchina nuova
e
un nuovo appartamento,
dimenticando lentamente
come odora il legno,
di cui è fatta
la mia
culla.

***

Ho chiuso la tenda della finestra
affinché l’accecante luce solare
non penetrasse in camera.
Ho bisogno di stare a tu per tu con me stesso.
Ho bisogno di trovare un’apertura
verso il futuro,
attraverso cui s’insinuano nel presente
i suoni della pioggia,
il pianto di un bimbo,
il rumore del vento,
l’odore dell’erba…
E l’ho trovata.
Dentro la mia coscienza c’è una piccola porta,
attraverso cui puoi arrivare nel passato,
puoi arrivare nel futuro,
puoi visitare qualunque città del mondo,
puoi portare una folla di amici,
puoi semplicemente lasciarla aperta tutta notte,
senza temere ospiti indesiderati,
puoi…
Ma che c’è da dire –
attraverso questa porta puoi liberamente fare tutto il contrabbando del mondo
e nessuna forza potrà impedirtelo.
Ma talvolta
basta chiudere tutte le porte,
chiudere le tende a tutte le finestre,
dimenticare tutte le lingue
e
rimanere da soli con la vita,
a tu per tu
col proprio destino –
il destino di un Dio-fallito.

***

Nel buio la quiete pare più in rilievo.
Con la lingua puoi
tastare tutte le fossette sul Suo corpo.
Il Suo petto
pare di un’altezza da capogiro…
Nel buio.

***

Con le bacchette cinesi dei raggi solari,
attraverso le tende bucate,
il mattino raccoglie
nella camera afosa
gli ultimi chicchi
del nostro sonno.
Ci svegliamo tutti sudati,
stravaccati sul letto
come misteriosi ideogrammi.
La giornata in arrivo ci pare
sia un mondo enorme,
alla cui creazione hanno
messo lo zampino anche i nostri sogni.
Rammento che
di notte
eravamo
prossimi alla follia…
Ma ora
tutto questo è nel futuro.

***

Il vento è
un giocattolo di legno,
che sta sul davanzale
di una finestra spalancata.
Dietro a esso tutto è come nella vita:
un albero oscilla da una parte all’altra,
un uccello, attingendo l’aria a piene bracciate,
si libra nel cielo,
il sole tenta di fermare la strada che rotola verso il fiume,
le persone…
Pare che in questa giornata ventosa
tutti gli odori e i  suoni
confluiscano in una stanza,
stracolma di tempo
e di pensieri.

***

Donami i versi.
Possono essere segnati sulla sabbia,
segnati sulla pietra.
Li riporrò in un angolo della stanza,
dove il sole
non potrà raggiungere la superficie liscia
del nostro destino
con le bacchette di bambù della saggezza universale.
Sono versi notturni.
Versi, dopo aver letto i quali
arriva l’eclissi  e il capogiro.
I versi del Dio d’Amore dalle molte braccia.
Versi di chiassose sciocchezze e quiete monellerie,
per i quali il cuore si arresta
tra
i piani d’una casetta a due piani sui monti del Tibet.
La pelle calda nel lato interno dei tuoi fianchi
odora di Poesia e di sapone francese.
Donami i versi,
possono  essere tradotti
dalla tua lingua nella mia.

***

Nel sogno arrivano.
Walt.
Emilie.
Thomas.
Silvia.
Parlano.
Alzati. Non dormire.
Non c’è tempo di dormire.
Devi fare ciò che non siamo riusciti noi.
Devi arrivare al punto successivo
in questi puntini di sospensione.
Alzati. Va’ a pulirti. Lavati i denti.
Siediti al tavolo.
Scrivi.
Devi scrivere cinque pagine oggi.
Devi…
Devi…
Devi…
Mi sveglio col mal di testa e la secchezza in bocca.
La febbre mi scuote, come il motore d’un trattore.
Il mio cuore oscilla su un unico pensiero:
di nuovo
ieri sera
ho dimenticato di chiudere la libreria
con tre lucchetti.

***

La musica nel mio animo
è un acquazzone tropicale.
Mi nascondo sotto gli alberi, gli ombrelli,
ma mi raggiunge, mi colpisce le guance,
la testa, le braccia, la schiena.
Mi rallegro per la mia fortuna.
Nel deserto pietroso degli ultimi giorni,
a trecento chilometri dall’ispirazione più vicina,
capitare in un flusso così sbalorditivo
di entusiasmo primordiale.
Sono impazzito
o mi hanno aumentato lo stipendio?
Meglio – la prima cosa,
meglio – la prima cosa,
meglio – la prima cosa…

***

Nel sole,
che tramonta dietro i tetti delle case,
c’è qualcosa di inspiegabile.
Anche se dal corso di astronomia conosci
le leggi fondamentali del moto dei pianeti,
resta comunque la sensazione
di precipitare dalla realtà.
Sembra che
oltre la linea dell’orizzonte il mondo precipiti nell’abisso
e tutti i filobus, le persone e gli uccelli
insieme all’enorme sole torrido
attendano sul suo fondo
ogni notte, per comparire al mattino,
qualunque cosa accada,
dall’altra parte della nostra vita.
La realtà è una fantasia pittorescamente fondata.
Quanto più raffinata è l’immaginazione,
tanto più se la passano
sul fondo dell’abisso
i filobus e gli uccelli.

***

Alle quattro e venti del mattino
esci in strada all’aria piatta
delle case nuove…
Ispira i suoi angoli acuti.
Prudentemente.
Puoi restare tra i vivi.

***

L’acqua potabile della tua voce…
La prendo dai meandri del tuo corpo
con la mia bocca
secca per la sete.
Chiudi gli occhi.
Oggi tocca a noi fare sciocchezze.
Stanotte
dovrebbe esserci l’acqua calda.

***

I cavi.
I cavi.
I cavi.
Scorrono da sinistra a destra,
da destra a sinistra
e solo
gli uccelli, seduti sui pali di cemento,
tentano di afferrare
qualcosa
in questo abisso.
Ecco, ecco, ecco…
Ci sono cascato di nuovo.

***

A bocca aperta
m’ergo sul tetto.
Guardo le cime degli alberi,
il torrente in lontananza
e le nubi sopra il bosco.
Se morirò,
chi sorveglierà tutto questo
 

5 Risposte to “Maksim Borodin, poeta russofono nell’Ucraina odierna”

  1. Great post. Welcome to Dnepropetrovsk

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  3. Luca said

    dalle traduzioni non mi sembra mediocre.

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