Proseguiamo l’analisi del rapporto fra piccola editoria e distribuzione. Ringraziamo Giulio Mozzi per la concessione a pubblicare gli articoli.
Piccoli editori e distribuzione 2 / Il diritto di resa
di Paola Dubini
[Sulla questione del “diritto di resa”, della quale ho già parlato nel primo articolo di questa serie, riporto un paio di pagine (202-204) dal libro di Paola Dubini, docente di Economia Aziendale presso l’Università Bocconi di Milano, Voltare pagina. Economia e gestione strategica nel settore dell’editoria libraria, seconda edizione, Etas 2001. Tra parentesi quadre infilo qualche spiegazioncella. gm]
L’esistenza del diritto di resa si giustifica con diverse motivazioni: innanzitutto, data la numerosità dei volumi presenti sul mercato e il ritmo di uscita di nuovi titoli, è molto difficile per il libraio comporre un assortimento ragionato; d’altro canto, l’editore ha tutto l’interesse ad avere assicurata una vetrina in cui presentare ai lettori potenziali il suo catalogo [per “catalogo” si intendono i libri che non sono più “novità“]. Data la scarsa prevedibilità delle vendite – soprattutto nell’editoria di varia – e l’aleatorietà sulla forma e lunghezza della curva del ciclo di vita per i prodotti librari [cioè: visto che non si riesce a prevedere se, quanto, e per quanto tempo un deerminato libro venderà], l’esistenza del diritto di resa consente all’editore di poter lasciare presso il punto di vendita titoli difficilmente vendibili anche per periodi di tempo relativamente lunghi, senza che il libraio sopporti oneri eccessivi legati alla mancata vendita e alla bassa rotazione del monte merci [un libro da 10 euro che sta lì e non si vende è, per il libraio, denaro investito che non rende nulla; se il ricambio sugli scaffali è continuo, se continuamente il libraio vende e si rifornisce, allora la “rotazione del monte merci” è alta; se i libri giaccono a lungo sugli scaffali prima di essere venduti, allora la “rotazione del monte merci” è bassa]. Leggi il seguito di questo post »